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Essere sensibili al glutine significa avere sintomi simili a quelli della celiachia e dell’allergia al grano (dolore addominale, nausea, vomito, gas intestinale, stitichezza e diarrea) e anche sintomi extra-intestinali, come stanchezza, eczemi, confusione mentale e, soprattutto, cefalea. Sulla sensibilità al glutine, in inglese gluten sensitivity, non ci sono ancora dati precisi, ma si stima che il numero di chi ne soffre sia largamente superiore a quello dei celiaci. Quali sono le differenze tra sensibilità al glutine e alla celiachia? Con quali test possiamo scoprirlo?
La sensibilità al glutine è una patologia abbastanza diffusa: si conta che in Italia ne soffrano circa 3 milioni e mezzo di italiani. La prima Consensus Conference Internazionale di Londra sulla sensibilità al glutine, sostenuta dal Dr. Schär Institute, ne ha elaborato la prima definizione, i sintomi e l’iter diagnostico. Se l’incidenza della celiachia si attesta attorno all’1% della popolazione, i primi dati di origine americana mostrano come la frequenza di sensibilità al glutine sia intorno al 6%; questa stima, se confermata, renderebbe la sensibilità al glutine una delle patologie maggiormente diffuse. Il glutine, una proteina presente nel grano, nell’orzo, nella segale e in altre graminacee, in persone particolarmente sensibili potrebbe scatenare tutta una serie di sintomi tra i quali dolore addominale, mal di testa, senso di affaticamento, stato di confusione, irritabilità.
La sensibilità al glutine si manifesta con sintomi simili a quelli della celiachia e dell’allergia al grano, senza per forza essere affetti da una di queste due patologie. La sensibilità al glutine, infatti, è una situazione transitoria, che può risolversi dopo un periodo di alimentazione senza glutine. La sensibilità al glutine è causa di mal di testa, nausea, irritazione intestinale, stanchezza, dolori muscolari e molti altri problemi a cui, se si ignora la propria condizione di sensibilità, non si sa dare spiegazione. Esperienze internazionali dimostrano come la sensibilità al glutine sia un problema di larga diffusione e confermano che la stima delle persone potenzialmente sensibili al glutine è largamente superiore a quella dei potenziali celiaci ed allergici al grano. A causa dell’elevata variabilità dei sintomi, la sensibilità al glutine spesso viene diagnosticata come la sindrome dell’intestino irritabile.
La sensibilità al glutine è un disturbo completamente diverso dalla celiachia e la stragrande maggioranza delle persone che ne soffrono non diventerà mai celiaca; queste sono le conclusioni ratificate da un recente congresso sul tema, in grado di fare finalmente chiarezza sui motivi per cui alcuni soggetti negativi al test per il morbo celiaco manifestano comunque beneficio da una dieta priva o povera di glutine. C’è chi stima che, se il numero di celiaci in Italia è di circa 500.000 unità, i pazienti con sensibilità al glutine siano almeno 3 milioni
Sembra che la sensibilità al glutine sia quindi una vera e propria malattia che, potenzialmente, è in grado di colpire un paziente su venti; il primo articolo di una certa rilevanza è stato pubblicato dai ricercatori del Centro per la ricerca sulla celiachia dell’Università del Maryland, guidati dall’italiano prof. Alessio Fasano, pubblicata online su BMC Medicine.
Il prof. Fasano, ordinario di pediatria, medicina e fisiologia presso il dipartimento di Medicina dell’Università del Maryland e direttore del Centro per la ricerca sulla celiachia, afferma di aver pensato per la prima volta alla questione della sensibilità al glutine 2-3 anni fa; prima di allora tutti i medici dicevano a chi risultava negativo alla celiachia che il glutine non aveva nulla a che vedere con i loro disturbi, anche se i pazienti erano convinti che fosse proprio il glutine a causare i sintomi.
continua Fasano. Fasano afferma infine che la ricerca relativa all’intolleranza al glutine è ancora in fase embrionale, che sono necessari ulteriori studi per definire con precisione il disturbo e per distinguere tra i pazienti sensibili al glutine e quelli che invece sono nei primi stadi della celiachia.
Quest’ultima ricerca è stata realizzata in collaborazione con il dipartimento di Medicina della John Hopkins, del dipartimento di medicina sperimentale dell’Università di Napoli e dell’Istituto di scienze nutrizionali di Avellino.
Le cause di questa patologia, dicono gli esperti, sarebbero da imputare al grano moderno, che viene definito “pesante” perché molto ricco di glutine (superiore del 12% rispetto al grano normale non concimato), rendendo difficile, al nostro organismo, abituarsi. La sensibilità al glutine si manifesta dall’età adolescenziale all’età adulta, mentre è estremamente rara in età pediatrica.
Chi soffre di celiachia ha un tipo ben preciso di lesione all’intestino, in cui le proteine complesse del frumento, segale ed orzo inducono il sistema immunitario ad attaccare l’intestino tenue; chi invece soffre di sensibilità al glutine non presenta questo tipo di lesione, ma avverte comunque l’infiammazione provocata dal glutine.
La differenza tra i due disturbi è data quindi dalla diversa reazione immunitaria al glutine. Nella sensibilità al glutine, l’immunità innata (la principale difesa immunitaria dell’organismo contro gli invasori) reagisce all’ingestione del glutine combattendolo direttamente, cioè provocando un’infiammazione a livello dell’apparato digerente e di altre parti dell’organismo. Nella celiachia il glutine è combattuto sia dall’immunità innata sia da quella adattativa, cioè dalla parte più sofisticata del sistema immunitario. I problemi di comunicazione tra le cellule del sistema immunitario adattivo fanno sì che tali cellule combattano i tessuti dell’organismo, provocando l’atrofia dei villi intestinali associata alla celiachia.
Alcuni pazienti classificati come sensibili al glutine dalla ricerca dell’Università del Maryland presentavano lesioni intestinali, tuttavia le lesioni avevano biomarcatori diversi da quelli riscontrabili nella celiachia; inoltre è altamente improbabile che a quei pazienti sensibili al glutine alla fine sia stata diagnosticata la celiachia.
Tale quadro clinico va in rapida remissione (pochi giorni) con l’eliminazione del glutine dalla dieta.
“A differenza della celiachia, la sensibilità al glutine non segue un percorso prefissato: i sintomi possono essere più pronunciati o scomparire nel tempo.
I sintomi avvertiti da questo gruppo sono quindi solo in parte simili a quelli dei pazienti celiaci, ma chi è sensibile al glutine di norma risulta negativo agli esami del sangue per la celiachia e non presenta i sintomi delle lesioni all’intestino tenue che contraddistinguono la celiachia.
La ricerca dell’Università del Maryland ha identificato i biomarcatori utili per diagnosticare la sensibilità al glutine, tuttavia i ricercatori hanno fatto ricorso all’endoscopia con biopsie intestinali per determinare i biomarcatori, che non è sicuramente un metodo applicabile al 6% della popolazione potenzialmente coinvolta. Il prossimo passo sarà quello di mettere a punto esami del sangue in grado di diagnosticare facilmente la sensibilità al glutine, Fasano prevede che tali esami saranno disponibili entro i prossimi due o tre anni.
Attualmente non sono ancora disponibili biomarker in grado di fornire test diagnostici affidabili per la sensibilità al glutine. Pertanto, la diagnosi di sensibilità al glutine è necessariamente di esclusione escludendo rispetto alle altre patologie glutine correlate – celiachia e allergia al frumento.
Una volta escluse la celiachia e l’allergia al frumento, e se il soggetto risponde positivamente ad una dieta priva di glutine si può pensare ad una diagnosi di sensibilità al glutine. Se dopo il miglioramento iniziale delle condizioni con l’alimentazione priva di glutine, si manifesta un peggioramento in seguito alla reintroduzione del glutine, si può supporre una sensibilità al glutine.
Molte persone sensibili al glutine dopo un cambiamento dell’alimentazione riferiscono un’attenuazione dei disturbi dopo breve tempo fino al ripristino di uno stato di benessere generale.
La soluzione più innovativa è senza alcun dubbio il Check Up di biorisonanza quantistica che ci consente di rilevare la presenza di allergie e intolleranze alimentari, di rilevare lo stato ansioso, tramite la misurazione dei parametri elettromagnetici e frequenziali del corpo umano, di conoscere lo stato di salute degli organi, dei sistemi (nervoso, linfatico, immunitario etc.), di rilevare il livello di minerali, di vitamine, di funghi, di batteri, di virus, di rilevare stress geopatici ecc.
Squilibri del sistema neurovegetativo e stress con le sue manifestazioni, “somatizzazioni” del sistema digestivo (meteorismo, gastriti, cervicalgie muscolo-tensive…), cutaneo patologie croniche recidivanti, candidosi, cistite, sinusite, problemi da intossicazione da farmaci, fumo, alcool, problemi di invecchiamento e deterioramento psico-fisico, patologie degenerative, in particolare dell’apparato osteo-articolare, artrosi, squilibri funzionali endocrini, dismenorrea, distiroidismi, etc.
Il Test è uno screening indolore, non invasivo, in grado di controllare lo stato di salute psicofisico in modo così efficace e avanzato da individuare disturbi e squilibri latenti.
Grazie al Check Up si può scoprire, in dettaglio, la o le cause del problema e definire un profilo completo sullo stato psicofisico che, tra le molte altre cose, rileva e tratta:
Si può inoltre aiutare l’organismo con dei rimedi naturali, quelli che risultano i più adatti all’organismo e alla situazione della persona.
Con la Nutripuntura ci poniamo l’obiettivo di fornire quelle informazioni che sono presenti nel corpo umano di ogni individuo già fin dalla nascita e che, per un motivo o un altro, si sono perse nel corso della vita di ognuno di noi.
Ecco dunque, noi facciamo in modo di nutrire nuovamente l’organismo umano offrendo appunto un nutrimento endocellulare, fornendo quindi quelle informazioni che ha perso.
La Nutripuntura si compone di 38 informazioni endocellulari, o mini-pasticche (assunte per via orale e da masticare secondo le sequenze stabilite per due-tre volte al giorno), e il compito affidatogli è proprio quello di fornire direttamente all’organo carente, o ad un settore specifico, le informazioni elettromagnetiche di cui prima e necessarie per attivare, o riattivare, l’autoregolazione naturale.
La loro efficacia, che è precisa come quella degli aghi in agopuntura – ecco perché si chiama Nutripuntura – è immediata per i settori e gli organi che si vogliono andare a sostenere.
L’originalità della Nutripuntura, che la distingue dall’omeo “patia” o dall’organo “terapia”, è che la sua azione non è contro un sintomo o una patologia, ma va a favore delle correnti che regolano la salute dell’organismo.
Favorendo il flusso di un meridiano permette di rinforzare in qualsiasi momento un settore in difficoltà, senza dover attendere un segnale d’allarme (patologia) da parte dell’organismo: agisce preventivamente a sostegno della vita cellulare.
Il risultato più importante si ottiene attraverso i riequilibri energetici con SCIO/GIOIABERTHA, che a seconda della situazione da riportare in equilibrio e del quadro generale della persona, sono consigliati una volta al mese almeno i primi tre o quattro. Dopo il riequilibrio e aver valutato i settori deboli dell’organismo, come carenze di vitamine o minerali, oppure eccessi, si procede al test dei rimedi naturali che rispondono al meglio alla persona, che come ho riscontrato risultano essere diversi da una persona ad un altra, anche se si tratta dello stesso problema.
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